lunedì

POESIE 2 - 2019

ECHI CHIUDE LE PUBBLICAZIONI
si ringraziano quanti hanno contribuito 
alla sua realizzazione e 
gli oltre quarantamila che lo hanno visitato
I Curatori

E lasciar perdere il sogno di diventare qualcuno,
anche perché poi, qualcuno chi?
Potremmo restare a guardare fiumi che ingrossano
e l'acqua che spazza le case,
e le lacrime che ci spazzano il volto
fino al prossimo sole, fino al prossimo fiume.
Potremmo lasciarci così
in balia del vento di Scirocco
che non ci fa arrivare al mare mai
E. A.
E come possiamo
concordare affari col futuro?
Risparmiando audaci
pagine sconosciute
storie personali
fumo avvolto
speranze racchiuse in gusci d'uovo
dove non cresce mai
il germe impaziente della vita?
St. D.
Ancora qualche luna 
colma
e poi,
ci troveremo
con la mano a ventaglio
a spargere semi
tra le sudate rughe della terra,
senza troppo pretendere,
fiduciosi 
L. A.
Ancora qualche abbaglio
<retrogusto amaro>
fatidico… “sbaglio”?
no! Solo lune a perdifiato
incipriare un cielo, pavido e innocente
ma innocenza non c’è, solo: lavoro duro
tra carte e terra, aspettando fiduciosi
altra semina… altra,
altra raccolta
M. C.
Continuerò testardo
a cercarti oltre le nubi torve
dove ancora insiste il sole.
La nebbia: un velo che ci disseta.
Ti incontrerò, Amore ti incontrerò.
Parleremo di Amore, di alberi da piantare.
Niente ci farà più paura, ci sarà tanta gente
che si fermerà a danzare con noi.
Niente potrà farci più paura
AM. B.
E il sole insiste dove esisti tu
e continuo testardo,< io >fianco/fianco a te
a rammendare il tuo cuore mendico
e solo, nella ricerca di amore impossibili
perché perfetti. Nella perfezione
provrai e troverai il tuo amore+
io <al bivio> prenderò la mia strada, certo di averti
condotto alla meta, ovvero al
viaggio infinito della vita
M. C.
Una vita di sguardi lontani, persi nel mare
dove la gente approssimando cerca la sua storia,
in un vento maestrale che riporta la voce lontana
persa nel quadro delle idee,
dai colori tenui ingarbugliati 
finiti nell'onda della conformità,
nella tenerezza di una carezza
nella follia di un volo incerto
acrobati senza filo in questo mare senza senso 
U. DN.
A volte le porte delle città
dicono di passaggi, di conflitti,
dei molti passi accompagnati
o delle dolorose solitudini;
erano un tempo
punto di contatto o di chiusura,
ora guardano indifferenti
questa affannata civiltà,
al passo e alla storia inutili
A. C.
a volte ponti e porti
assomigliano alle porte, oltrepassandole
segno di civiltà, quando civiltà c’è
sull’approdo e passaggio
<molti accompagnati>
<o dolorose solitudini> un tempo
amaro che non tornerà
e noi: cerniere o bottoni di  un cappotto
appresso sempre_ e sempre-mai lo stesso
M. C.
ora che tutto ti è stato detto
novo intatto sentier segnami, (Manzoni)
o Musa” – tu che qui già mi hai
di carta aperto giorni pieni
di ombra senza più quel nome –:
donami ora in verbo reale 
lungo la finale via albale
a beltà di cielo con voce di mare
il fulgore di salda terra d’amore
G. N.
ora che nulla mi è chiaro
tu che divelto mi hai il cuore
e chiedi tra echi <beltà di cielo
con voce di mare> io vengo a darti
amaro male. vorrei lasciarti un
dono
e te<mio messaggero> lasciarlo
al mio sposo: sparire _io inabissata
io nel nulla sparita
M. C.
Parole palline
rimbalzano oltre la rete
di vite stroncate.
Dove sentii
l'ultima volta
la loro voce stonare?
Mi ricordo ancora
quello che fummo
mai cosa siamo, né cosa saremo
St. D.
A me, sinceramente,
nessuno ha detto niente.
Sono arrivato ora.
Qui, se non ti dai da fare
e non usi un po' di fantasia,
non esci da 'sto groviglio di rovi e ortiche...
Se hai urgenza e non tieni fogli di carta,
puoi sempre usare i pampini
o le foglie del romice, qui carnose e abbondanti
G. Fr.
Ineluttabile
stilla il tempo
goccia a goccia
e scava
la pietra dei ricordi,
e l'eco ritorna
dei tuoi giusti passi
a indicarmi la via
verso il sole nascente
E. Z.
Inesplicabile il nesso
ma aggiustato qui _quanto basta
per con-dividere un lauto pranzo
alle soglie del sole nascente
quando io 
_muoio
e tu_ imperscrutabile,
ma eterno 
rinasci
M.C.
La vita, un calendario;
                       giorni neri,
                     rossi i dì di festa;
                     non c'è un principio,
                              non c'è una fine:   
                                 una giostra,
                            una roulette:
                      siamo palline
      gettate tra i numeri
F. Z.
Screziato
tempo rapido e rapace
stilla rapide voci
<goccia a goccia>
ed io raccolgo
pietre e ricordi
e un’eco che non ritorna_
segno… qualcosa non va
indica una direzione, un’andata senza ritorno
M. C.
"Siamo le api dell'invisibile", (Rilke)
le talpe del visibile, gli strumenti del risibile,
siamo appena un ponte sospeso
tra realtà e apparente futuro.
L'animo di fronte al mistero
si esalta o si perde del tutto.
Il 29 dicembre, né suicida né sifilitico,
Rainer di malattia leucemica muore
e di dolorosa febbre intestinale
A. C.
“api dell’invisibile” che rendono
visibile il mistero di un ponte
sospeso <tra realtà e apparente futuro>
ove spazio per la speranza c’è  e non c’è
né certezza per quello stato apparente
che accompagna il poeta
che <né suicida né sifilitico> muore: non ineluttabile
certezza del Male Oscuro ma semplice e amara
^suscettibilità^ della vita
M. C.
Successe
   quando
      mi accorsi
         che la notte insonne
             mi aveva abbandonato,
               ed era scesa
                  giù in cantina
                      per lasciare posto a una aurora
                         che odorava di mentuccia
F. Z.
<Successe  quando mi accorsi> che -piena notte-
ero ancora sveglio
abbandonato ^io^ dal mio destino
e al mio destino
e nessuna <aurora> nessun <odore di mentuccia>
ma un dolore acuto
compagno di viaggio
nell’inesausta notte+
io -pur sveglio- succube di eterni incubi
M. C.
Da quando è mondo
< la paura >
che tutto quanto
possa dissolversi
e disperdersi,
ha indotto
qualsiasi essere 
di Ordine e Specie
a generare nuova vita
AM. B.
Dove non so ancora,
non son certo,
ma, deve esistere,
lo sento:
esiste di certo un luogo
dove finalmente
potrà placarsi
del mio ego
il tormento
F. Z.
A granelli, a puntate, a convalli
è il film che vi narro,
in fotogrammi di nude colline
e di boschi che mandano odori
(se l'odore dei boschi non è mungitura
ma limo) o di prominenze che, nominate,
chiamano diversamente a seconda delle latitudini
e che hanno i tratti congiunti
dell'eros e dell'edo
A. C.
A spizzichi di carta, a gocce
di cielo riarso <in fotogrammi> 
è di te, mio Dio, che racconto!
non a pezzi, ma intero 
a me ritorni. 
Lesino tempo battuto male 
su una tastiera: giammai risponde 
a tema E cade# immensamente 
nell’eros e nell’Ade
M.C.
Comincia dal fondo
di quel solco tanto fondo,
dove l'acqua non scorre più come un tempo,
e sale, sale la notte 
come flusso di marea,
sale, allaga intorno:
sommerge prati, siepi, alberi e più in là le colline:
arriva al cielo dove apre un sipario
a mostrar le stelle
G. FR.
comincia e comincia e basta
perché è già dono svelare-svelarsi
antico ricordo <di quel solco
tanto fondo>. poi l’augurio:
arrivare nei differiti
 ^istante e tempo^
ché non sono lo stesso ma
doni inesausti e diversi
ove approdare <a mostrare le stelle>
M. C.
E il pianto,
che da solo
assale
sempre + ripide scale
<spesso annega> nel
cuore di te, ma poi
piano (e di nascosto)
torni inesausto, con cucito sul viso
il riso
M. C.
Dalla riva inospitale
guardiamo l'orizzonte
attendendo la nave
che comanderò per te,
fino a  incontrare l'amore
che non sarà divino,
ma terrai segreto
e andrà difeso
dal Maestrale della Vita
B. G.
La linea di confine
è un solco
dove confluiscono acque
che rifiutano la memoria
e non vogliono sentire;
un solco in cui l'eco facilmente inciampa
e si espande distorta
e si aspetta la sera dove il buio confonde
e avvalora un'alibi bugiarda
F. Z.
"La farfalla che vive un solo giorno
è già vissuta per l'eternità". (Eliot)
Pure Eliot è cascato
nel comun luogo che vede farfalle
vivere tanto poco:
la Vanessa, per esempio, vive a lungo
e ad autunno inoltrato sceglie il letargo
incollando le zampette a vecchie travi
o su cappe di camini dismessi
P. R.
e gialla fuliggine tutto sfocava
e lì tutto quanto nel frùscio inseguiva
fumigando nell’aria l’intera vita
sul campo tutta spezzata
a righi di sterpi e stelle
con vanga di falce colma
di morte giacque la notte.
E giù l’acquata si appoggiò 
calpestando tutto quanto e
G. N.
e come nacqui
tacqui
per poi disseminare
sillabe amare
e luci-nidi-passi inesausti.
spesso e adesso
fingo mute paresi del cuore
per accarezzare
silenzi che solo Tu sai dare
M. C.
Rilke, Eliot, Bukowski,
tutta gente andata, andata:
lasciamoli al loro passato,
a ciò che è stato,
guardiamo a noi 
è utile e doveroso farlo;
interroghiamoci su cosa fare sul serio,
perché, qui si tratta di agire in fretta:
la terra impreca, non può più aspettare
C. S.
Noi, parole tramandate da antiche memorie.
Pianeti bipolari, transizione di anime 
sciolte da corpi immobili, addormentati.
Esseri pendolari in continua evoluzione. 
Noi, sussurri trasportati da una eco,
dal vociare del vento, dal mutare del tempo.
Assurda resistenza?
No!, ardente è il desiderio di immortalità;
siamo Vita ora e lo saremo ancora nell'infinito cielo
G. Z. 
Tasselli d'un mosaico unico, quadro senza fine.
Persone che cambiano e si trasformano nell'oltre
perché coscienze esistite
referenti di echi del passato,
trasmettitrici di echi per il futuro.
Quegli echi noi udiamo perché i nostri corpi,
le nostre anime, sono ad essi debitrici dell'oggi.
Si vive per essi e con essi e quando si va oltre,
li lasciamo in dono per un futuro più ricco
A. P.3
Ti penserò
nel voler essere in questa luce
dove i nostri contrasti
si fondono
per ritornare 
usandoci come nudi corpi,
abiti reali cuciti su un principio,
sfaldati in un finale,
in fondo... ti penserò
U. DN.
Pupazzi,
bamboline,
burattini insomma,
tutti appesi
a sottilissimi fili;
maschere
a volte allegre,
a volte meno allegre
in cerca di un carnevale
F. Z.
"Ma questa marionetta ormai defunta
a me piaceva assai ". (Eliot)
A me qualcuno ha rubato
la bambolina più graziosa;
oppure
le ha soltanto tagliato i fili
e lei è caduta
nell'orrido
in quel di Botri
C. S.
C'è una nota nell'aria,
sembra volermi dire solo prendimi;
anche se sono triste
e guardo al cielo di tutti
alle case dei padroni, alle luci colorate;
canto solo il desiderio
di questa mente libera,
vivace, fugace come la mano
che saluta e si libera di me
U. DN.
Stringo la maniglia
titubante in un istante
che mi scioglie.
Apro ad un falco eretico
e al famigliare suo dondolio
e afferro ciò che vedo
e domino ciò che sono.
Narrante vendemmio
una pigna di mugo
Fe. S.
Annodata,
inondo e incontro il sentimento.
Seduta sul riflesso dei tuoi strati,
aspetto e sento,
mi sporgo e attendo.
Il tuo arrivare è lento;
nel bene mi trattengo,
mi dilungo,
mi distendo
V. V.
740 Le miroir,
che mostra
di me
ogni segmento,
non sa
riflettere
il brusio
monotono e continuo
che sta dentro la mia testa
C. S.
Foglie d’autunno
i miei giorni,
giardini segreti
mai esplorati
rimpiango,
lacrime di sale
nel mare di luna.
L’attesa è nel vento
dell’ultima estate
A. Fi.
Aprile arrivato da poco,
in mezzo a un campo di grano
stava un ragazzino,
tra le mani un gomitolo, 
alto nel cielo terso,
un aquilone verde e giallo.
Scornava l'aquilone puntando a destra e a manca:
voleva liberarsi, spezzare quel filo, andare via,
andare via, dove l'avesse portato il vento
F. Z.
I cerimonieri di morte, i preti,
quelli che benedicono i soldati
che vanno a morire, e i missili,
i cannoni e le bombe, 
e quelli che benedicono le bare
di chi ha ucciso prima di morire
rifiuteranno un giorno la mesta
messinscena per limitarsi a pregare
per i vivi, a invocare la vita?
A. C. 
sul fine bordo a orrido confine
c’è un grasso ventre che procede
vomitando lebbra verde e giallo
fiele che il greggiare lì nutrono:
del grande volgo caglio e volgare
che a ventrale lingua tutto beve
nel pantano del sociale inganno
e senza pieta di mano affonda
a nero fondo l’essenza umana
G. N.
Notte temeraria: cercando nell'abisso della vita
il mare in tempesta mi inghiotte.
Solitaria creatura avvilita nel cuore,
senza conforto tangibile, smarrita,
abbandonata alle lacrime, sovrana esitazione;
astuta maestra di vita, bagaglio
da ponderare a tutte le ore.
La salita è qui di fronte:
non c'è altra via d'uscita
ANONIMO
Come fungo ambulante
vago
tra sentieri anfratti
e dimore di paglia:
assorbo
ciò che più è tossico:
divento dispettoso,
irascibile,
maleducato e insolente
F. Z.
S'è fatto sentire il mio inconscio, stanotte:
ho avuto un figlio, piccolo, bello, roseo, perfetto.
L'ho messo dentro un cesto,
l'ho coperto con un misero straccetto,
l'ho portato nella stanza delle pitture;
sono tornata in cucina a chiacchierare con amiche;
nessuna empatia verso quella creatura,
poi ho capito: non era frutto del mio corpo,
era la mia arte che da un po' tratto con distacco
AM. Z.
Quando misura delle cose era il baratto
e una pecora valeva cento uova
l'equivalenza rendeva cosa a cosa.
Ora il danaro non è dove si posa,
verte su di sé come oggetto
la misura che non ha comparazioni
e chi il gioco conosce lo conduce
a spese di chi il gioco lo subisce:
e il lavoro è oramai minima cosa
A. C.
Ora esci,
allontanati
da questi muri,
esci,
respira aria nuova,
ossigena la mente,
ricordati:
ogni volta che vai
porta con te la tua ombra 
C. S.
E chi torna,
sosta un poco,
                      riparte;
e chi torna,
                 si ferma..., decide di restare:
vuole piantare alberi.
C'è chi gli alberi li taglia,
qualcuno se ne va:
non sopporta veder tagliare gli alberi
P. R. 
Nella sera
il meriggio discende
al calare del giorno
nella falce di luna
che appare
dentro l’anima
la temperie
di ieri
si spegne 
A. Fi. 
FLANEUSE (col cappello sulla "A"),
ho camminato rioni
vicoli di città,
ho disegnato strade,
portici e comignoli.
Imbalsamando tramonti,
ho allontanato nuvole
da tanti tetti,
tetti tutti da rifare... io flâneuse 
E. Z. 
Brucia la Nostra Signora,
qualche minuto,
la cosa fa il giro del globo.
Molti pregano, tanti piangono.
GAZA brucia
per le bombe israeliane...
avellico silenzio:
la cosa interessa a pochi,
qualcuno piange 
F. Z.
Nuda di carne si risveglia ancora
su ferma aria di veleni e sudore
su straniera terra che mai divora
a sole e nebbie sepolte macerie:
stanche memorie per ferme parole – 
che su derive la mano sommuove
in ora calda a mute ombre di carne
dove nuda fra le scorie si spande
la primavera con il verde sangue
G. N.
L'uomo che alza gli occhi al cielo
per un canto, per una preghiera,
ha nell'animo acceso il calmo volo
del falco che esplora dell'orizzonte
il vasto dell'umano e del divino,
il prato, il sole, il vento,
anche la preda e il suo destino,
ha sguardo di Arcangelo
e cuore felice di fanciullo
A. C.
Alla finestra mi son trovato
sul far di una sera, l'aria tiepida:
con gli occhi di un vecchio
e il cuore di un bambino
guardavo il cielo terso dove già
era apparsa una stella.
Di lato, sulla stradina che porta alla vigna,
stanno fanciulli intenti a giocare:
schiamazzando si rincorrono
F. Z.
Chi ha scritto idilli pastorali
non conosce la vita dei pastori:
il poco sonno al freddo delle notti,
la pioggia che ti penetra le ossa,
la calura estiva, il sole e i venti,
e poi le mosche, le mosche! e i tafani
tormenti di bestie e d'uomini.
È quando una pecora attraversa il grano
che mostra il suo fucile il contadino
A. C.
Come i sogni di notte buia sono
le zanzare che già lì ci pungono:
su quella parte di alterato essere
in salda sostanza per fredda carne 
al cimento che ci porta la vita – e
per fortuna che abbiamo due mani!
e quella a tribordo è la speciale:
perché lontana con vela di carta 
pungoli a marea dal fermo cuore
G. N.
...e magari un giorno
non tanto lontano,
ci troveremo
sul serio
con la luna nel pozzo;
magari 
non tutta intera,
magari
non del tutto rotonda.
T. P.
Ti guardo
               mondo
con gli occhi di un vecchio,
                col cuore di un fanciullo.
Ti guardo
               amore
con gli occhi di un vecchio,
                col cuore di un fanciullo:
la mano trema
F. Z.
Dal bianco muro 
di pietre e sassi
si libera un canto,
increspa l'aria,
sale verso l'azzurro
spazio infinito:
ruvide mani
racchiudono
un mesto arido pianto
AM. B.
Oramai da tempo,
e ben me ne sono accorto,
è senza vento
questa vela,
e dunque,
mano ai remi,
non è momento di mollare,
non adesso:
devo finire di raccontare la mia storia
C. S.
Una città che è detta fantasia
lascia le terre incolte ai contadini,
le case vuote a chi per strada vive,
forni del pane a chi di fame muore:
asili e giochi per i più piccini,
raccoglie quel che getta via:
una città che è detta fantasia.
L'uomo che del tempo ha terrore
è lo stesso che l'eterno inventa
A. C.
Che ha di senso l’eterno stare fermo
da sole a sera ad acque di frontiera?
È chimera di vedere tornare
da marea la dea di Citera?
È l’attesa dell’onda universale
che dilava la mente con il sale?
Forse è solo un cordame di noia 
rimirando l’apertura del mare –:
che non snoda dall’icona scorsoia
G. N.
Ancora respiri ed eco di battiti
onde che vengono e onde che vanno
verso l'infinito
che io sono.
Ancorata alla forte roccia l'anima mia
si rallegra al dipanarsi di molteplici prospettive
intrecciate e poi sciolte
frutto e causa
di immensa gratitudine
E. Z.
Tutti i prodigi e tutte le stranezze,
gli incantesimi, le carneficine
sono gli incubi del folle
che ostenta normalità
e ha il terribile del selvaggio,
altro da sé e dall'uomo
schiavo feroce e libero,
razionale e irragionevole
figlio del delirio o del sortilegio
A. C.
Quando eravamo piccoli,
ci divertivamo con poco.
Ricordo sull'aia, scalzi,
certi giorni di sole,
quando uno voleva con i piedi
fermare l'ombra dell'altro.
Adesso, un "tantino" cresciuto,
non più coi piedi ma con nude mani,
tento di trattenere la tua ombra
F. Z.
Lungo il viale, aghi di abete rosso,
hanno udito passi prima dell'aurora...
Come petali 
di fiori
all'apparir del giorno,
s'aprono
sfumature rosa
in bocche di icone
incollate ai muri
AM. B.
Nervosette le mucche nelle stalle,
austero il toro tra le stelle.
Le biciclette in parcheggio negli stalli,
i vecchi parcheggiati negli ostelli.
Annaspando la poca paglia,
l'asinello raglia.
La nonnetta fa la maglia:
il gomitolo cade, rotola
e s'imbroglia
C. S.
All’infante seme sorrido
errando da negro migrante
nei vostri laceri peluche
fugaci sostegni rammendo
fra strappi di vento scendono
sciocchi sciacalli riciclati che
da vacche rumano fantasie nane 
e voi di arditi giorni dimentiche
sputate insieme le perle umane
G. N.
In silenzio,
nel buio
di un'algida camera,
il vecchio abbandona
l'esausto corpo
sopra un talamo sfatto;
Da tanto, 
il vecchio non riesce più a sognare
e allora immagina...
F. Z.
A narrare tutta una vita,
una vita non basta.
L'acqua che oggi passa
sotto questo ponte, tornerà a passare,
magari non sola, 
magari non da sola,
nel reiterarsi delle stagioni,
fino a quando 
l'universo non cesserà di espandersi.
F. Z.
La sera 
tocca 
la mia pelle;
tra fili d'erba
e ciuffi di trifoglio,
un semplice pensiero
si adagia
silenzioso:
ti voglio bene
AM. B.
Dietro
quei dieci lustri,
oltre quei dieci lustri,
sta una gentile
anima ribelle:
non accetta 
che si debba invecchiare
e tenta di coprire la paura
col velo di una ingenua bugia
C. S.
Nessuno davvero conosce
la poesia.
E' per questo che scrivo
parole
con sette teste
e cinquanta code.
Capita qualche volta
di prenderle per la coda:
testacoda perfetto
A. C.
E oggi a ponente dopo domani
è ancora oggi e non domani
è domani l’ho vista invano
diva di divani nei suoi alvi
vani vani ispani e qui ieri 
nel dedalo del deserto
la Nuova Poesia
il di lei grano
porterà via
G. N.
Terribile la notte sulle alture!
Al cielo muto tremano le stelle,
fasci di fotoelettrica la scure
s’abbatte in corsa sulle sentinelle,
dentro l’occhio rapace dei lupi
che dilagano fuori dalle celle,
dove covar seppero assilli cupi
contro il solone il saggio e l’assennato,
che alti aspettavano sull’erte rupi.
Re. P.
Amo il ricordo di te.
Nel respiro soave innalzo gli occhi
all'intrinseco e
secolare cielo.
Spiega ora
le tue candide ali.
Raccogli la mia anima 
persa
nell'eternità di sprovveduti sogni.
G. Z.
"Non so se sono stato 
mai poeta
e non m'importa niente di saperlo". (P. Bertoli)
Volevo raccontare, raccontarmi
e allora ho scritto qualche cosa
e mai, mai l'ho fatto usando sette teste
anche se, per natura, sempre son tentato 
d'inseguire la perfezione, rischiando ogni volta 
di smarrirmi in un deserto labirinto.
F. Z.
Noi continueremo
anche se
la tempesta di sabbia
che il vento contrario
del nostro deserto non scelto
nasconde
il giardino dell’Eden,
noi continueremo ad amarci
oltre il limite del tempo presente
A. Fi.
Ti ho sentito arrivare,
ho conosciuto i tuoi passi;
nell'algida luce del mattino,
dove ogni cosa fuori
conserva ancora i colori,
ho visto tra i vetri il tuo viso,
e poi, la tua voce;
tremava la tua voce quando
aperta la porta rimasi lì ad osservarti le labbra.
F. Z.
Ti amo come le rose
di quest’autunno che tarda
a venire, come le rose
di porpora e spine
che stringo forte
ferendomi le mani
come le ultime rose
di questo nostro
importante settembre
A. Fi.
Riverbera a sera la pietra a sfera e
per la via curva di morte rame
sperde di ombra la voce che ci spaura
l’autunno – del raffermo nostro andare
al buio mondo che nel sonno dona 
lo stame: a quel che resta di parole
cadute lontane da onde di mare.
Sul confine ritorna il giro del sole e
da voragine chiama nera immagine
G. N.